A passi veloci ci avviciniamo al momento in cui sembra che il Sole, nel suo moto apparente, si fermi: il solstizio d’inverno. Il 24 dicembre parrà riprendere il suo cammino, concedendoci più luce e calore facendo nascere così, dalla semplice osservazione, la mitopoiesi di una notte incantata. Una magia insita nella psiche inconscia universale, per dirla con Hillman, che si perpetua di anno in anno, da secoli, fatta di sogni, speranze e ritmi naturali e che assume nomi, simboli e tradizioni diverse.
3.600 anni fa nasceva in Persia Mitra; l’Egitto ricordava la nascita di Horus; Babilonia aveva il suo Tammuz. In Messico si festeggiava la nascita del serpente piumato, Quetzalcoatl, mentre in Scandinavia popolazioni di guerrieri festeggiavano la nascita del dio Freyr, che concede pace ai mortali. Infine la Grecia assisteva alla nascita portentosa di Dionisio e la Siria aveva il suo Adone. E alla fine i Re d’Oriente porteranno doni al neonato Messia al di qua del Giordano… Una nuova nascita, di divinità, del sole, delle nostre vite che, dopo apparenti fermate, rincominciano a muoversi. E un dono e un augurio per tutti i popoli, “sacrificio autentico alla dolcezza di vivere, la quale consiste innanzi tutto nel non morire”, direbbe Claude Lévi-Strauss nel suo Babbo Natale Giustiziato.
Il mito per farsi leggenda ha bisogno di immagini e l’immaginario collettivo per secoli si è nutrito delle stesse visioni al punto che grandi pittori ci mostrano come dai Saturnalia (immagine: Sir Lawrence Alma-Tadema, Ave Caesar! Io Saturnalia!, 1880) apprendiamo l’uso dei grandi banchetti e l’abitudine di scambiarsi doni e auguri, dai druidi dell’età del ferro impariamo ad adoperare l’agrifoglio per la rinascita (immagine: George Goodwin Kilburne, Yuletide, data sconosciuta ) e il vischio per allontanare ogni male (immagine: Sir John Everett Millais, The Mistletoe Gatherer, 1894), che finiremo ad appendere in casa come protezione e richiamo di fertilità (immagine: Dante Gabriel Rossetti, Hanging the Mistletoe, 1860).
E ancora, forma di tutti i ricordi infantili di ognuno di noi, l’albero di natale, il sacro albero del fuoco che in epoca pagana si riteneva contenesse lo spirito della vita, il quale veniva rilasciato sotto forma di fuoco qualora l’albero fosse colpito da un fulmine (immagine: Viggo Johansen, Silent Night, 1891); in epoca moderna gli daremo simbolicamente fuoco addobbandolo di candele. Nulla è cambiato poi tanto, neanche i colori ricorrenti, rossi come le bacche d’agrifoglio, bianchi lattiginosi come quelle di vischio, blu come la notte.
Le carole risuonano anche oggi come ai tempi della Confraternita dei Preraffaelliti (immagine: Dante Gabriel Rossetti, Christmas Carol, 1858), ancora qualcuno legge la fortuna al lume di candela (immagine: Mykola Pymonenko, Yuletide Fortune Tellers, 1888), si raccontano storie di fantasmi davanti al camino e – se prestate bene attenzione – potreste persino vederne volteggiare qualcuno intorno al comignolo (John Anster Fitzgerald, Christmas Eve, data sconosciuta) oppure, se avete l’orecchio fino potrete sentire la ninna nanna degli angeli (immagine: Adolphe William Bouguereau, Song of the Angels, 1881).