Sono i primi anni Venti quando un giovane incisore olandese, per guarire da una profonda depressione, giunge in Italia e, in una sorta di Grand Tour novecentesco, percorre città e regioni che lo fanno innamorare. Siena, l’Abruzzo, i paesi della Calabria arroccati sulle montagne, diventano soggetti per le xilografie di paesaggio di Maurits Cornelis Escher che supera le precedenti esperienze formative Jugend e, a ben guardare, si colloca già al di là di ogni stile: le prospettive si fanno sghembe, le rocce e le case diventano solidi geometrici irregolari, persino le onde del mare si trasformano in linee parallele, curve che catturano lo sguardo in vortici che sembrano quelli della mente, prima di tutto.
Allontanatosi dall’Italia a causa di scarso feeling con il regime fascista, l’artista abbandona il ritratto della natura e dell’opera dell’uomo – nel resto d’Europa nulla lo appassiona più con tale intensità – per finire nel “dominio della matematica”.
Una mostra a Palazzo Magnani di Reggio Emilia documenta l’intero percorso creativo di Escher, affiancando le sue celebri opere a interessantissimi confronti con artisti del passato o a lui contemporanei che permettono di capire il sistema entro cui si colloca, con autonomia e originalità estreme, l’incisore olandese: dalle Carceri di Piranesi ai dipinti futuristi, dalle illustrazioni dei trattati matematici di Luca Pacioli alle elaborazioni teoriche degli scienziati del Novecento, tutto concorre a spiegare, e a rendere ancor più preziose, le immagini caratterizzate da una precisione assoluta che Escher elabora prendendo spunto dalla metamorfosi continua delle forme, dalla geometria euclidea e non euclidea e dai paradossi. A un’osservazione superficiale le raffigurazioni strane e stranianti sembrano giochi ottici, ma appena lo sguardo si sofferma e la mente si concentra su di esse è possibile percepire in tutte le stampe un lavoro di ricerca sulla tassellazione piana dello spazio, sulla resa di figure impossibili, sui ribaltamenti delle prospettive e dei “normali” canoni di rappresentazione.
Incompreso per lungo tempo, snobbato dagli artisti perché poco artista e dai matematici perché poco matematico, Escher condusse con tenacia un’esistenza dedita alla trasposizione su carta di visioni oniriche supportate da teoremi geometrici (uno dei quali scoperto proprio da lui); combatté contro chi voleva usare le sue creazioni per illustrare prodotti che nulla avevano a che fare con la sua poetica (i Rolling Stones, su tutti, ai quali rifiutò l’autorizzazione a utilizzare un’incisione su una copertina di un loro disco) e odiò profondamente gli hippies che volevano usare le sue composizioni labirintiche come simbolo di visioni dovute a sostanze decisamente estranee alle più nobili ricerche geometriche.
L’enigma Escher. Paradossi grafici tra arte e geometria
Palazzo Magnani, Corso Garibaldi 29, Reggio Emilia
Fino al 23 marzo 2014