Oggi nevica. A fiocchi grandi, leggeri, che pian piano ricoprono i tetti, i rami degli alberi e i campi che riposano. Un fotografo uscirà sicuramente con la sua reflex, raggiungerà le colline e catturerà immagini leggere e dal grande fascino. Questo fotografo si chiama Riccardo Varini e della neve ha fatto una delle sue Muse, tanto da partecipare al circuito ufficiale di Fotografia Europea 2009 con una mostra tratta dal volume, curato da Arturo Carlo Quintavalle, Silenzi: stampe chiarissime, con rari e sottili elementi neri che consentono di riconoscere l’immagine come “fotografia” – qualche albero, un sentiero, i fili della luce – e che ne definiscono la figuratività.
Osservando i lavori di Varini pare quasi di trovarsi di fronte a una grande passione per l’orizzontale, per le linee parallele che vanno a formare i cardini della composizione, per orizzonti che sfumano e che rendono il senso dello spazio finito/infinito: non potevano mancare la nebbia emiliana che tutto attutisce e l’ambientazione marina, le lunghe spiagge di sabbia dell’Adriatico con il loro colore neutro, con gli ombrelloni sfocati e chiusi, con i frammenti di conchiglia che si fondono assieme al mare calmo. Sulla stessa linea guida stanno gli still life del fotografo, le scene inanimate di oggetti dove l’equilibrio cromatico è garantito da un’attenta scelta della luce, degli accostamenti e dell’esposizione fotografica vera e propria.
Quando compaiono persone, sembrano anch’esse immobili: sono personaggi che hanno ripudiato il chiasso, sono soli anche quando stanno insieme agli altri, sono pensierosi e riflessivi, senza risultare inquietanti. Chi ha scritto su Varini ha accostato gli interni con figure della serie Stanze ai dipinti di Edward Hopper – sui quali di recente sta portando avanti un progetto – ma le sue fotografie recano in sé profondi rimandi alle ricerche artistiche del passato in sintonia con l’amore per il paesaggio, per la natura e per le “piccole cose”.
Riccardo Varini vive e lavora a Reggio Emilia, ed è importante sottolineare il punto geografico in cui egli si colloca perché Reggio è la città di Luigi Ghirri, grande maestro della fotografia italiana e modello imprescindibile per Varini: lo ha conosciuto nel 1984 e da allora ha condiviso la scelta di tinte stemperate e le ambientazioni di vita quotidiana che unisce alla ripresa del “chiarismo” del pittore Gino Gandini e della scuola di Giorgio Morandi.
In queste immagini rarefatte, volutamente sovraesposte e ovattate, si coglie una convinzione poetica che Riccardo Varini esprime in versi: “Ho ricevuto il dono del guardare. / Mi addormento con una visione e già penso / la vita domani me ne regala un’altra”.