Ippocrate sarebbe scettico, Kafka lo sarebbe meno, Ella Berthoud e Susan Elderkin ci credono decisamente: con i libri ci si può curare. Sono le autrici del volume Curarsi con i libri (Sellerio) in cui si parla di book therapy, l’arte, per così dire, di curarsi con i libri. Lo scrittore italiano Fabio Stassi ne ha curato l’edizione italiana e a lui abbiamo rivolto qualche domanda.
Biblioterapia, ovvero curarsi con i libri. Da dove nasce l’idea e da quanto tempo è utilizzata?
La Biblioterapia nasce negli Stati Uniti negli anni Trenta dello scorso secolo. Prima la psicanalisi usava già la fiaboterapia e, andando indietro nel tempo, si arriva addirittura ai miti greci. Ma l’idea di questo manuale che la rilancia è in realtà, prima di ogni altra cosa, una dichiarazione d’amore alla letteratura, al Romanzo e al potere lenitivo delle parole.
È una cura che si può auto-prescriversi?
Spesso sono gli amici a consigliare delle letture. Lo fanno per passione, perché si sono innamorati di un libro, di un autore, di una storia, e vogliono condividerli. E già questo è un gesto generoso e in qualche modo benefico. Ma altre volte, quando un amico ti consiglia un libro, ti sta facendo una diagnosi, crede di intuire di cosa hai bisogno, in quel momento, spera di aiutarti. Da soli è più difficile. Ma io credo al caso. Credo che i migliori libri si incontrino per caso. I brasiliani dicono che c’è un’anima in ogni coincidenza. Bisogna solo andare all’appuntamento, entrare in una libreria, aggirarsi davanti a un banco di libri d’antiquariato. Qualcosa succederà.
Cosa si cura con la Biblioterapia? Parliamo di mali dell’anima o malanni fisici?
La prima cosa che si cura è la malattia dei nostri tempi, il vortice dell’Ego e dell’Egocentrismo. Indossando i panni di un personaggio si esce da sé stessi, si impara a relativizzare, si fanno altre esperienze, si vivono altre vite.
Può considerarsi una branca della psicoterapia o è un universo a parte?
Io sono solo un letterato ma una psicoterapeuta mi ha detto che si sogna molto meno di un tempo e che lei sostituisce il lavoro che una volta si faceva sui sogni con le discussioni su una lettura comune. In fondo, anche un romanzo è una visione. Si capiscono molte cose da come un lettore attraversa quella visione.
Un libro anti insonnia, uno per una delusione amorosa e uno per chi soffre di invidia cronica.
Per l’insonnia, La casa del sonno di Jonathan Coe; per una delusione amorosa, Il senso di una fine di Julian Barnes; per chi soffre di invidia cronica, Mastro Don Gesualdo.
Svuotate l’armadietto dei medicinali e riempite la vostra libreria!