Fotografa fin dagli anni Settanta, Liz Nicol lavora tra l’Inghilterra – ha insegnato presso il master di Digital Art & Technology dell’Università di Plymouth; ora è Associate Professor presso la School of Art & Media – e Venezia, sua città d’adozione dove ha una seconda dimora nel sestiere di Castello.
Quello che più contraddistingue il lavoro di Liz Nicol è la durata: i suoi progetti, ora protagonisti di una piccola ma raffinata mostra presso Ca’ Caburlotto a Venezia, raramente si limitano alla produzione di una serie di immagini definite nel loro tempo di realizzazione. Gli scatti sono sottoposti a una continua reinterpretazione, a un riassemblaggio che li porta a diventare opere sempre nuove e originali. È il caso di Figurehead: fotografie che si presentano come stampe di grande formato, dai bianchi e neri profondi, ma che sono il frutto del recupero di negativi di almeno trent’anni fa associati a riprese più recenti, stampate insieme con doppia esposizione in camera oscura e sviluppate con la tecnica a spugna. La fusione è costituita da un’immagine di paesaggio – gli scenari naturali sono stati il suo primo banco di prova come fotografa – e da un’altra raffigurante sculture nei musei, soprattutto marittimi: entrambe sono ricordi di viaggio o di vacanza con la famiglia. Il risultato è una simbiosi suggestiva fatta di trasparenze e sfumature che consentono di percepire le due rappresentazioni che dialogano tra di loro con armonia.
Un secondo progetto ruota invece attorno alla tecnica della cianotipia, “the blue print”. Un procedimento antico basato sulla stesura di una soluzione fotosensibile a base di ferricianuro di potassio e citrato ferrico ammoniacale che reagisce alla luce e produce elegantissime immagini blu. Liz Nicol utilizza questa tecnica fin dal 1998 per indagare con esattezza le forme degli oggetti che, appoggiati sulla carta ed esposti alla luce, lasciano la loro traccia: siano piume, merletti o vegetazione tipica della laguna di Venezia o dell’isola di Nicosia (Shadow prints), diventano testimonianza del luogo e di ciò che è stato. In tutto ciò ha un ruolo centrale l’acqua, elemento indispensabile per fissare l’immagine definitiva e habitat da cui la fotografa attinge materiali. Ma – racconta Liz Nicol – sono le foglie che cadono in autunno e lasciano la loro impronta scura sulla terra la sua fonte di ispirazione che l’ha spinta a realizzare varie serie di cianotipie e a proseguire la ricerca con materiali sempre nuovi, spesso componendo i risultati sulla parete in una sorta di mosaico.
Due sono le linee guida del lavoro di Liz: da un lato l’interesse per la stretta relazione tra l’oggetto e l’immagine, che è un modo per dare il senso alle cose e per conservare la memoria visiva (“Photographs are my visual memory”, dichiara l’artista). Dall’altro il bisogno di approfondire le tecniche fotografiche, i processi chimici che permettono alla luce – naturale o della camera oscura – di scrivere e lasciare il segno su una superficie.
Liz Nicol, Dialogues
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