Nella magnifica versione restaurata dalla Cineteca di Bologna è stato riconsegnato al pubblico Gioventù Bruciata (1955) di Nicholas Ray, Mr. Cinema-Cinema. Sensualità a fior di pelle, technicolor esplosivo sui primi palpiti del cuore e l’inquietudine di una generazione ‘ribelle senza causa’.
Il film ha destato le perplessità del produttore, Geoffrey Shurlock, fin dall’inizio: scene troppo violente o con una forte carica sessuale, una rappresentazione della gioventù americana tanto drammaticamente reale quanto lontana da quelle a cui il pubblico era abituato. Nella società puritana degli Stati Uniti era un’esibizione di libertà espressiva e di costume inaccettabile. In Italia Gioventù bruciata non superò il giudizio della commissione censura: s’impose la riduzione della scena girata sul piazzale del Planetario dove James Dean e Corey Allen si sfidano a duello – densa di tensione, con grande capacità registica di tenere alto il livello d’allarme nello spettatore; un duello somigliante a una danza, con l’inquadratura in widescreen perfettamente bilanciata… i ragazzi a suonarsele, le ragazze sull’automobile ad assistere schierate sul ciglio della carrozzeria, con il viso contratto – e di quella in cui Jim promette a Judy che non saranno più soli e la bacia.
La censura si accanì soprattutto sulla scena in cui Jim litiga con il padre, esigendo il taglio: un uomo adulto, chino a raccogliere dei cocci per non farsi sorprendere dalla moglie, e per di più in grembiule da donna, agli occhi del pubblico di allora era un’immagine che minava un’identità maschile impossibile da mettere in discussione. Ma quello che rischiò di non far uscire la pellicola è il personaggio di Plato, il pauroso e impacciato ragazzino che tenta di emulare il protagonista per il quale prova una venerazione che assume i contorni di vera attrazione. L’ingresso dell’omosessualità al cinema, in un film prodotto da Warner Bros? Non scherziamo.
Gioventù bruciata uscì nelle sale italiane nell’aprile 1956. E la scelta di girare un film a colori fu essenziale ai fini della narrazione. Le posizioni di Nicholas Ray furono inamovibili: “Ho idee molto particolari sul valore psicologico del colore”.
A Roma, nel 2010, in un indimenticabile incontro con lo sceneggiatore Stewart Stern, è stato possibile scoprire i retroscena sui colpi di follia del divo Dean e del cineasta con la benda sull’occhio Nicholas Ray. Sul fatto che James non si sentisse all’altezza del ruolo, mentre Ray era convinto che soltanto la naturale vulnerabilità del giovane attore americano, quella sua aria sperduta e impaurita, potesse dipingere perfettamente il suo personaggio. Con il candore che appartiene ai grandi, Stern parlava delle star dell’epoca, da Marlon Brando a Paul Newman, di James Dean – che si fidava ciecamente di lui e temeva Ray – di una sceneggiatura tribolata fino alla fine e in fuga da Los Angeles a New York, cambiata in corner da Stewart per le mutate esigenze della produzione e l’incapacità di Ray di giungere a compromessi.
Per chi volesse commuoversi consiglio il film di Wim Wenders Lampi sull’acqua – Nick’s Movie (1980), che racconta gli ultimi giorni di vita del regista con la benda da pirata.