Cominciamo dal centro, dal cuore della mostra Picasso e la modernità spagnola: le sezioni Il Mostro e La Tragedia sono ospitate in una stanza in penombra, quella penombra adatta a tutelare i fragili disegni del pittore catalano: due nuclei straordinari, che raramente escono dal Museo Reina Sofia e che testimoniano un percorso iniziato dal mito antico, da quel Minotauro che tanta parte ha avuto, per Picasso, nella riflessione sulla condizione dell’arte e dell’artista. Nel 1933 mostro e artista si identificano l’uno con l’altro e compare il tema della tauromachia, mente l’anno successivo il Minotauro viene condannato a vagare, cieco, guidato da una bambina.
Solo due anni, e scoppia la Guerra civile in Spagna, culminata il 26 aprile 1937 nel sanguinoso bombardamento di Guernica. Ben nota è la storia della grande tela di Picasso: ora, a Firenze, essa è documentata attraverso schizzi e disegni strepitosi, realizzati giorno dopo giorno, dal 2 al 27 maggio, e che costituiscono la genesi, a partire proprio dal Minotauro, di un capolavoro diventato icona e incoraggiamento alla pace.
Ma la mostra è molto altro: la stretta collaborazione tra Palazzo Strozzi e il museo catalano, da cui provengono tutte le 90 opere esposte, ha permesso di indagare, sala per sala, le tematiche attorno alle quali si sono confrontati tutti gli artisti spagnoli che, assieme all’indiscusso maestro, hanno segnato il Novecento e dato vita alla “modernità”: mediante l’accostamento di opere di Joan Mirò, Salvador Dalì, Juan Gris, Maria Blanchard, Julio Gonzàles e molti altri, ciascun ambiente racconta una storia e propone prospettive nuove con cui leggere l’arte in rapporto al suo contesto storico, sociale e politico.
Estremamente innovativo è l’accento posto sull’esistenza di un’arte analitica spagnola, ma l’indagine prosegue con opere – al centro Mirò e Picasso – che intendevano favorire una coscienza “lirica” delle cose e sensazioni equivalenti a quelle suscitate dalla poesia; e poi la relazione tra reale e sovra-reale (come non riferirsi immediatamente a Dalì?) e tra arte e natura, entrambe creatrici e alla base dell’identità culturale di un popolo.
Come dichiara Cristina Acidini, che di recente ha lasciato la guida dei musei fiorentini, “Picasso e i suoi contemporanei sono come cannibali, hanno divorato e assimilato tutta l’arte d’Occidente”, reinventandola e riproponendola partendo da un sostrato profondo che attinge dall’arcaico e dal mito, e l’esposizione dimostra tutto ciò con evidente chiarezza.
Ma torniamo ora all’incipit: agganciandosi a un racconto di Honoré de Balzac, Picasso propone una ricerca sul tema dell’atelier e del rapporto psicologico tra artista e modella che diventa una costante. Due sue tele con Pittore e modella aprono e chiudono quindi il percorso espositivo e sembrano chiedere al visitatore un’attenta riflessione sul significato profondo della creazione artistica.
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Picasso e la modernità spagnola
A cura di Eugenio Carmona
Palazzo Strozzi, Firenze
Fino al 25 gennaio 2015
Info: +390552469600